Comunicato stampa
30/06/2025

Parità di genere, investire sulle donne fa bene all’economia

Ridurre il gender gap non è solo una questione di giustizia sociale ma una leva strategica per la crescita, la competitività e l’innovazione oltreché un antidoto al declino demografico e alle sfide dell’intelligenza artificiale. Per questo UN Women Italy promuove la diffusione dei Women’s Empowerment Principles delle Nazioni Unite (WEPs) e della certificazione italiana per la parità di genere, strumenti virtuosi che le imprese pubbliche e private possono adottare per ridurre il divario e favorire la cultura dell’inclusione. Un tema al centro dell’incontro organizzato oggi a Milano da UN Women Italy, nel corso del quale è stato presentato il report curato da Deloitte “Empowerment Femminile come leva strategica per la crescita aziendale e l’innovazione” 

Con un tasso di occupazione femminile sotto il 53%, l’Italia è fanalino di coda nell’Europa a 27, dove in media lavorano sette donne su dieci. Il divario con i colleghi uomini sfiora il 18%, il doppio rispetto all’Ue. Se si guarda ai vertici aziendali, la situazione non cambia: solo il 35% delle donne ricopre posizioni apicali nell’Ue, percentuale che in Italia crolla sotto il 28%. Malgrado i progressi compiuti negli ultimi dieci anni, nel complesso le donne restano relegate ai margini del mercato del lavoro, complici le barriere, strutturali e culturali, che si frappongono alla loro piena realizzazione come lavoratrici e imprenditrici.

È un quadro in chiaroscuro quello che emerge dal report[1] realizzato da Deloitte con la collaborazione di UN Women Italy e Winning Women Institute e presentato oggi a Milano in occasione dell’incontro “La parità di genere (non) è un’impresa”: un confronto tra istituzioni e aziende per esplorare gli strumenti e le politiche che possono contribuire concretamente a colmare il divario di genere, favorire la cultura dell’inclusione e rilanciare l’economia. Dati alla mano, è ormai evidente come ridurre il gender gap non sia più solo una questione di giustizia sociale ma una leva strategica per la crescita, la competitività e l’innovazione oltreché un antidoto al declino demografico e alle sfide delle nuove tecnologie, in testa l’intelligenza artificiale.

WEPs E CERTIFICAZIONE PER LA PARITÀ DI GENERE Accanto agli interventi normativi, dai congedi parentali obbligatori alle cosiddette “quote rosa” nei Cda[2], linee guida e sistemi di certificazione volontaria possono concorrere in modo significativo alla parità di genere nelle aziende. È il caso dei Women’s Empowerment Principles (WEPs)[3], un insieme di princìpi elaborati nel 2010 da UN Women e UN Global Compact in base a standard internazionali in materia di lavoro e diritti umani. Si tratta di pratiche aziendali che promuovono un ambiente di lavoro inclusivo, a cominciare da retribuzioni eque, non discriminazione, orari di lavoro flessibili, pari avanzamento di carriera, prevenzione e tolleranza zero nei confronti delle molestie sessuali, tutela della sicurezza e della salute[4]. Attualmente sono circa 112mila le imprese firmatarie in tutto il mondo, incluse 155 nel nostro Paese[5]. Caso tutto

italiano è invece quello della certificazione UNI/PdR 125:2022[6]. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio di Winning Women Institute, a tre anni dalla pubblicazione, sono oltre 8.100 le imprese certificate[7], a testimonianza del cambiamento innescato sul fronte delle tematiche di genere e di responsabilità sociale. La certificazione, la quarta più adottata dalle aziende italiane[8], deve il proprio successo anche a politiche pubbliche di sostegno alle imprese, dagli sgravi contributivi ai punteggi nelle gare d’appalto.

«Mi piace paragonare entrambi gli strumenti a un termometro con il quale le aziende possono misurare il proprio stato di salute rispetto al tema della parità di genere e monitorare i progressi compiuti per colmare il divario. La certificazione UNI/PdR 125:2022 in particolare si conferma un caso di successo, non solo per il numero di aziende coinvolte ma anche per aver saputo attrarre settori storicamente considerati appannaggio degli uomini, come quello delle costruzioni. Senza contare la massiccia adesione delle piccole e medie imprese. Per questo è essenziale che i fondi stanziati con il Pnrr, ormai in esaurimento, vengano rifinanziati», commenta Paola Corna Pellegrini, membro del board di UN Women Italy e presidente Winning Women Institute.

L’ITALIA RESTA INDIETRO A dispetto dei passi in avanti compiuti negli ultimi anni, resta ancora molta strada da fare verso la piena parità di genere. Un obiettivo che nessun Paese al mondo ha ancora raggiunto, secondo il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, che ogni anno misura i progressi fatti su quattro fronti (economia, istruzione, salute e politica). A questi ritmi, è la stima, ci vorranno oltre 120 anni per arrivare alla meta. Mentre l’Europa guida la classifica, il quadro nel vecchio continente appare tutt’altro che omogeneo, con l’Islanda saldamente in testa e l’Italia relegata all’85° posto, in crescita di appena due posizioni rispetto al 2024 [9].

All’origine dello stallo, gli ostacoli persistenti che frenano il progresso delle donne a livello globale, tanto sul piano culturale (pregiudizi e stereotipi di genere) quanto su quello economico, come politiche di welfare inadeguate e accesso al credito limitato. Emblematico il dato sulle start-up innovative in Italia: nel 2023 solo il 13.7% vede una prevalenza di donne[10]. Entrando nei Consigli di amministrazione delle società quotate la situazione non cambia: appena il 2.9% è guidato da donne, come certifica l’Istat [11]. Non va meglio nelle aziende tecnologiche: secondo l’Unesco, a livello globale appena il 12% delle donne è impiegato nel settore della ricerca applicata all’intelligenza artificiale e solo il 6% nello sviluppo di software[12].

IL GENDER GAP NELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE Un quadro, questo, che è riflesso della scarsa adesione delle donne ai percorsi accademici in ambito scientifico e tecnologico. Pur rappresentando quasi il 55% delle iscrizioni complessive a livello europeo, le studentesse nei corsi STEM sono appena un terzo. Percentuale che scende al 20,6% nel caso degli studi in ICT[13]. Un aspetto tanto più significativo per le implicazioni che può avere sugli sviluppi delle nuove tecnologie, a cominciare da un’intelligenza artificiale che incorpora e amplifica pregiudizi e disuguaglianze di genere. Se fondata sulla parità e sull’inclusione, l’AI al contrario può dispiegare grandi opportunità.

«Se la metà delle donne in Italia non lavora, è l’intero Paese a perdere. Serve un cambio di rotta già a scuola: tecnologie e intelligenza artificiale stanno ridisegnando le competenze e i mestieri del futuro. Se ben guidate e orientate, le ragazze hanno tutto il potenziale per guidare da protagoniste il cambiamento e conquistare la propria autonomia economica. È il momento di coltivare una mentalità digitale nelle giovani donne. Le imprese, dal canto loro, devono attivare politiche inclusive per valorizzare il merito e le competenze distintive delle donne e i WEPs vanno esattamente in questa direzione», spiega la presidente di UN Women Italy Darya Majidi.

PARITÀ DI GENERE VOLÀNO PER L’ECONOMIA Che la parità di genere possa essere un volàno per l’economia è suffragato da numerose evidenze. Secondo il Fondo monetario internazionale, la riduzione delle disuguaglianze nel mercato del lavoro potrebbe contribuire a una crescita del Pil nelle economie emergenti e in via di sviluppo di quasi l’8%. I benefici derivanti dall’eliminazione totale del divario sarebbero ancora maggiori, con un aumento potenziale del Pil in questi Paesi pari in media al 23%[14].

Anche dal punto di vista demografico, con una popolazione che invecchia sempre di più complici bassi tassi di natalità, l’aumento dell’occupazione femminile si impone come strategia necessaria che nel lungo termine può agire da leva sulla crescita globale[15]. I numeri del resto mostrano anche una chiara correlazione tra la presenza delle donne in posizioni manageriali e migliori performance finanziarie, a cominciare da utili e valutazioni di mercato più elevati[16].

«La parità di genere è una leva fondamentale per innovazione e crescita sostenibile. In Italia, solo il 27,9% dei ruoli manageriali è occupato da donne, e appena il 13,7% delle startup innovative è guidato da una leadership femminile — dati che segnalano quanto potenziale resti ancora inespresso. Al tempo stesso, la presenza di almeno tre donne nei board aziendali è correlata a migliori performance finanziarie e a risultati ESG significativamente più elevati. Sono numeri che parlano chiaro: colmare il gender gap non è solo un obiettivo di equità, ma una priorità economica. Attraverso il nostro centro Public Policy & Stakeholder Relations vogliamo contribuire a creare ecosistemi inclusivi, capaci di trasformare la parità di genere in infrastruttura strategica per lo sviluppo del Paese», commenta Silvana Perfetti, Chair Deloitte Central Mediterranean.

Come sottolineato da Fabio Pompei, CEO di Deloitte Italy, nel corso del suo intervento, la parità di genere nei processi decisionali e nei luoghi in cui si definiscono le traiettorie dello sviluppo rappresenta oggi un imperativo strategico. Solo così sarà possibile garantire che l’evoluzione dei modelli economici e sociali sia non soltanto equa, inclusiva e sostenibile ma anche realmente rappresentativa della pluralità di competenze e visioni presenti nella società.

 

Fonti:

[1]Empowerment Femminile come leva strategica per la crescita aziendale e l’innovazione, Deloitte

[2] La legge Golfo-Mosca del 2011 ha riequilibrato la rappresentanza di genere nei Cda delle società quotate in Borsa: la presenza femminile nel 2023 supera il 43%, a fronte di una media europea del 34,2% – Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità, Istat-Cnel

[3]Women’s Empowerment Principles, Global Compact Network Italia

[4]The Women’s Empowerment Principles, WEPs

[5]WEPs Signatories, WEPs

[6] La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, pubblicata nel marzo 2022 da UNI (Ente italiano di normazione), è stata elaborata al fine di definire criteri e prescrizioni funzionali alla certificazione della parità di genere nelle imprese. La certificazione avviene su base volontaria e su richiesta dell’azienda. Soggetta a monitoraggio annuale, ha validità triennale. È stata recepita con decreto della ministra per le Pari Opportunità nel 2022. Al suo rilascio provvedono gli organismi di certificazione accreditati presso Accredia. Le prassi di riferimento sono disponibili per un periodo massimo di 5 anni – Ministero per le Pari Opportunità. Non è una norma nazionale ma un documento che riflette gli esiti del confronto svolto nell’ambito del tavolo di lavoro sulla certificazione di genere delle imprese previsto dal Pnrr, coordinato dal dipartimento per le Pari Opportunità – UNI

[7] Le città con il maggior numero di aziende certificate sono Milano, Roma e Bari – Winning Women Institute

[8]Accredia

[9] Otto dei primi dieci Paesi della classifica sono europei – Global Gender Gap Report 2025, World Economic Forum

[10]Relazione annuale al Parlamento 2024, ministero delle Imprese e del Made in Italy

[11]Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità, Istat – Cnel

[12]Artificial Intelligence: UNESCO launches Women4Ethical AI expert platform to advance gender equality, UNESCO

[13]Women totalled almost a third of STEM graduates in 2021, Eurostat

[14]The Economic Power of Gender Equality, Banaca europea per gli investimenti

[15]Promoting Gender Equality and Tackling Demographic Challenges IMF, 2024

[16]The Effects of Board Gender Quotas: A Meta-Analysis, IZA Insitute of Labor Economics